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TECNICA: Sviluppo tecniche di gambe

 

Lo sviluppo delle tecniche di gamba.

Nella pratica del karate, le tecniche di gamba rivestono una notevole importanza, dal momento che una tecnica di calcio è molto più potente di una tecnica di pugno.
Molto importante durante l'esecuzione di una tecnica di gamba, è il buon equilibrio poiché il peso del nostro corpo viene, durante il movimento, sopportato dalla sola gamba di sostegno.
È quindi indispensabile che il piede di appoggio sia saldamente fissato a terra e che la caviglia di tale gamba sia completamente contratta.
Affinché la tecnica sia pienamente efficace, bisogna sfruttare completamente tutto il nostro corpo e non solo la gamba che esegue l'azione.
Ruolo determinante durante la tecnica è svolto dalle anche, delle quali bisogna a pieno sfruttare la spinta in direzione dell'attacco; deve inoltre essere rapidamente richiamato indietro il piede che calcia (ikiashi), riportandosi in posizione per la successiva ed allo scopo di evitare una possibile presa da parte dell’avversario.

La forza del calcio è determinata da varie componenti:

a) ampiezza della traiettoria del piede
b) velocità della tecnica
c) potenza esplosiva del ginocchio

 

 

 

Comprendere le tecniche di gamba.

Per meglio comprendere le varie tecniche di gamba, è indispensabile quale primo passaggio, scomporre le stesse nei singoli movimenti che le compongono.

 

 1) Piegamento del ginocchio


Alzare il ginocchio della gamba che colpisce il più alto possibile e piegarlo completamente, trasferendo il peso della gamba il più possibile vicino al tronco.
La padronanza di questo movimento, eseguito in rapidità e scioltezza, permette di effettuare una tecnica rapida, potente e limitatamente alle possibilità personali consente di raggiungere facilmente bersagli più alti.

 

 2) Slancio, piegamento e distensione della gamba.


Nel karate, esistono due modi di calciare

a) calcio keage (o frustato)
b) calcio kekomi (o spinto)

Nel calcio frustato si impiega al massimo la forza di slancio del ginocchio. La velocità è un fattore essenziale: senza di essa si rischia di perdere l'equilibrio.
La massima contrazione (kiai) viene espressa al momento finale dell'impatto, anche per favorire un rapido ritorno del piede.

Nel calcio spinto, la gamba si distende al massimo e si spinge in fuori fortemente il piede. Dopo che il ginocchio è stato sollevato, la gamba viene tesa con forza per calciare, aiutata dalla forte spinta delle anche. 
La massima contrazione (kiai) viene espressa al momento iniziale dell'impatto.

 

 3) Corretto impiego delle anche e delle caviglie.


In entrambi i tipi di calcio, la forza delle sole gambe non è sufficiente ad eseguire un calcio efficace.
Ad essa deve essere abbinata la spinta delle anche e quella del ginocchio. A tale scopo le caviglie devono essere sottoposte ad un adeguato allenamento finalizzato ad un loro consolidamento e irrobustimento.

 

 

 

 

Principali tecniche di gamba

Passiamo ad esaminare in dettaglio le principali tecniche di gamba:

 

 

 

Considerazioni finali sui calci

L'allenamento giovanile

Le gambe hanno potenza maggiore delle braccia, ma siamo poco abituati ad usarle in maniera diversa dal classico camminare o saltare. È necessario soprattutto se si lavora con giovani e giovanissimi, finalizzare l'allenamento alla preparazione specifica degli arti inferiori, sia per quanto concerne l'incremento della forza che per quanto riguarda la mobilità.
Questo è infatti uno dei problemi più sentiti dai giovani. Spesso nonostante la loro giovane età, i ragazzi non sono fisiologicamente in grado di tirare tecniche jodan.
In questi casi occorre avere notevole pazienza e adottare un continuo lavoro che darà risultati solo nel tempo.

 

In gara

Parlando di ragazzi, si parla di prime esperienze di gara. Importanza riveste non solo la esatta esecuzione del calcio, ma una buona padronanza del proprio corpo nello spazio.
Occorre insegnare agli allievi a mantenere una buona guardia durante l'esecuzione dei calci e a non "perdere" le mani.
Durante un calcio eseguito "a solo" le mani danno equilibrio al corpo, ma durante un combattimento, queste servono come protezione o ulteriore attacco, rendendo più difficoltosa l'esecuzione della tecnica di piede.
I combattimento (kumite), i calci tendono ad essere caricati in maniera similare. Sarebbe infatti poco opportuno caricarli in maniera assai differente; in tale caso l'avversario potrebbe intuire il tipo di attacco che siamo intenzionati ad eseguire.
Ciò potrebbe essere fatto intenzionalmente per creare false attese da parte dell'avversario, ma questo fa parte della strategia di gara.

 

 

 

 

La posizione (TACHIKATA)


Durante l'allenamento di karate gli istruttori ripetono spesso: "Più velocità. Più potenza. Più equilibrio". E soprattutto: "State bassi", perché solo in questo modo la posizione diventa forte e stabile, presupposto per l'esecuzione di tecniche efficaci. Nel karate le posizioni di base riguardano sostanzialmente la forma assunta dalla parte inferiore del corpo: come per la costruzione di una casa, si incomincia partendo da solide fondamenta e non dal tetto. Tecniche potenti e precise possono essere realizzate solo utilizzando una base sicura che consenta di controllare in tutta tranquillità ogni muscolo del corpo. Per ottenere stabilità bisogna fare in modo che la proiezione al suolo del baricentro del corpo cada entro la base d'appoggio, l'area compresa tra i due piedi. Di conseguenza posizioni ampie e basse, che combinano larghe aree d'appoggio a scarse escursioni del baricentro offrono le migliori condizioni per acquisire equilibrio. In questa prospettiva si realizza anche un'altra funzione delle posizioni: l'irrobustimento fisico. Mantenere una posizione bassa, soprattutto durante gli spostamenti, è veramente faticoso e dà uno stimolo intenso al quale il fisico reagisce rinforzando tanto i muscoli che le ossa. Le posizioni fondamentali sono classificabili secondo diversi criteri: uno di questi è la direzione dei piedi, che determina l'orientamento delle ginocchia rispetto alla linea mediana del corpo. Durante il combattimento l'orientamento interno delle ginocchia ha anche lo scopo di proteggere le parti basse del corpo. Posizione solida non è comunque sinonimo di rigidità ma, al contrario, di flessibilità: bisogna imparare ad appoggiare il proprio peso sulle gambe, mantenendo le piante dei piedi ben aderenti al suolo, tenere il busto eretto, completamente rilassato, e sentire che la parte inferiore supporta e trasporta la parte superiore. Solo in posizione stabile si possono usare correttamente le anche e si può sfruttare la reazione causata dalla spinta su suolo tanto per accelerare la tecnica al momento dell'impatto che per effettuare gli spostamenti. Essi, infatti, dipendono sì dall'uso corretto delle gambe ma anche dall-a buona gestione del peso del corpo. Sebbene nell'ambito delle competizioni sportive il regolamento conceda all' atleta di saltellare, nell'arte marziale passare da una posizione all'altra non significa camminare, correre o sa tare quanto piuttosto scivolare sul suolo, mantenendo un leggero contatto con esso in modo da poter in qualsiasi momento trovare la posizione più adatta e dunque un sicuro appoggio. Questa miscela di contrazione e decontrazione permette di assorbire il contracolpo generato dall'impatto sul bersaglio. Un altro dei criteri di classificazione delle posizioni riguarda il modo in cui il peso del corpo viene spostato sui piedi: a seconda delle situazioni, infatti, il peso si ripartisce uniformemente o variamente su di essi. Con i principianti si insiste molto sulle tre posizioni che meglio evidenziano queste differenze: kibadachi (peso centrale), zenkutzudachi (peso prevalentemente in avanti) e kokutzudachi (peso prevalentemente indietro). Quando gli allievi raggiungono una migliore preparazione, la didattica prevede l'insegnamento di posizioni più complesse (fudodachi, hangetzudachi, sanchindachi e nekoashidachi), mentre solo agli altri livelli la padronanza dei principi fin qui descritti sarà tale da potersi esprimere anche nelle posizioni naturali (shizentai). L'apprendimento e l'allenamento delle posizioni avviene sopratutto con lo studio dei kata (forma). Alcuni di essi sono talmente specializzati da incentrarsi su di un'unica posizione, come avviene per i kibadachi nei tre kata Tekki. Altri kata hanno invece assunto il nome delle posizioni che vi vengono studiate in modo particolare: è il caso di Soochin e Hangetsu. Fino ad ora abbiamo parlato delle posizioni come di posture che consentono alle tecniche di raggiungere la massima efficacia, obiettivo fondamentale di un'arte marziale. Quando però il karate viene praticato dai bambini, l'arte marziale rappresenta qualcosa di affascinante e misterioso, che permette di scaricaree gestire la naturale aggressività, migliorare lateralità, forma e coordinazione, che aiuto ad imparare, durante le lezioni, un comportamento eticamente corretto. I bambini, grazie allo studio delle posizioni, cominciano a conoscere le capacità ed i limiti del proprio corpo: sono così facilitati nella crescita e incoraggiati a valutare e elementi concreti prima di compiere delle scelte.
Così inteso, i karate acquista un significato non solo sportivo ma anche educativo e per questo viene definito "karate-do": "via di miglioramento".
 

 

 

La parata

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire muovendo un solo braccio o tutti e due (awase, morote e juji) in modo sufficiente a proteggersi. A secondo della zona che subisce l'attacco, e tecniche di difesa fondamentali si distinguono in parate al viso (jodan-uke), al troco (chudanuke) e verso il basso (gedanuke); di norma ognuna di queste azioni deve essere seguita da un forte contrattacco che neutralizzi l'avversario. La parata, comunque, non consiste in un semplice movimento del braccio, ma deve potere sfruttare la forza di tutto il corpo. Si deve dunque assumere una posizione stabile e bassa per usufruire dell'energia di reazione generata dalla pressione dei piedi al suolo. Tale energia viene incrementata dalla rotazione delle anche e, attraverso la contrazione addominale e del fianco, indirizzata sul punto d'impatto. La corretta posizione del gomito rispetto al corpo è condizione essenziale per l'efficacia della tecnica: se il braccio è disteso a parata si indebolisce, se è raccolto si riduce la garanzia della distanza. Un'esecuzione corretta impone che il polso ruoti velocemente al momento del contatto per allontanare l'attacco avversario; contemporaneamente si esegue una rapida espirazione che mobilita la massima energia interna a supporto della tecnica (kime). Una stessa difesa può essere applicata con finalità e intenzioni diverse a seconda delle circostanze: è possibile impiegare forza in quantità appena sufficiente per deviare l'attacco oppure utilizzare tutta la potenza per colpire il braccio dell'attaccante, infliggendogli un danno e scoraggiandolo dall'intenzione aggressiva, così come è possibile utilizzare la tecnica per sbilanciare l'avversario o per guadagnare la distanza di sicurezza.
Eseguendo una tecnica difensiva bisogna avere cura di non eccedere nei movimenti evitando quindi di "parare più del necessario": l'apertura nella guardia e lo sbilanciamento del corpo che ne derivano rendono difficile coordinare una efficace tecnica successiva. Il momento più opportuno per applicare la parata è determinato dal ritmo del combattimento e dalla distanza tra i contendenti. In ogni caso è meglio agganciare l'attacco prima che si sviluppi completamente perchè in fase finale la tecnica offensiva acquista velocità e viene indirizzata con precisione e profondità dalla rotazione della mano.La determinazione psichica e la contrazione muscolare ne rendono ancora più difficile il bloccaggio.
Tutti i principi fin qui esposti devono trovare applicazione nelle situazioni reali, anche se in questi casi non si impiega necessariamente la forma fondamentale. Quando l'attacco giunge inaspettato, la parata deve essere ugualmente efficace qualunque sia la posizione del difensore: tardare, nel tentativo di assumere la postura fondamentale, potrebbe in questo caso rivelarsi pericoloso. Per salvaguardare la propria incolumità la scelta di tempo e la risposta istintiva diventano essenziali. E' indispensabile instaurare un "feeling" con l'aggressore, dirigendo lo sguardo ai sui occhi. Concentrare l'attenzione sul viso dell'avversario offre la possibilità di intuirne le mosse. Il momento dell'esecuzione viene spesso tradito da variazioni più o meno accentuate delle espressioni del volto, per cui distogliere lo sguardo o chiudere gli occhi, anche solo per un istante, durante un combattimento crea una condizione di assoluta inferiorità, negando al difensore il tempo per la giusta reazione. Solo l'allenamento corretto e costante garantisce l'affinamento di questi aspetti essenziali, ma non si deve mai dimenticare che lo scopo delle tecniche nel karate è di fare desistere l'avversario dalla sua minaccia.
Come più volte enunciato da M° Kase: "Una forte parata è il miglior biglietto da visita. Per chiunque".

 

 

 

Il pugno

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire muovendo un solo braccio o tutti e due (awase, morote e juji) in modo 

 

 

 

Il calcio

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire muovendo un solo braccio o tutti e due (awase, morote e juji) in modo 

 

 

 

Lo spostamento

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire muovendo un solo braccio o tutti e due (awase, morote e juji) in modo 

 

 

 

La distanza

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire 

 

 

 

Il kiai

Il tradizionale significato del karate si esprime al meglio nelle tecniche di difesa: proteggere se stessi è vero "budo" non a caso la prima tecnica di tutti i kata è una parata. Nelle arti marziali, infatti, ogni attacco deve essere definitivo: è quindi comprensibile che la tecnica difensiva assuma un'importanza vitale. L'applicazione corretta di un bloccaggio deve essere tale da mettere, di per sé, in difficoltà l'attaccante. Perché ciò avvenga è necessario attenersi ad una serie di rogo e innanzitutto occorre valutare distanza, forza e direzione dell'attacco e reagire muovendo un solo braccio o tutti e due (awase, morote e juji) in modo 

 

 

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